mercoledì 1 aprile 2015

"Di che tipo di corazza sei prigioniera?"

La protagonista della scorsa settimana è stata Cenerentola, l' archetipo (modello) dell'eterna fanciulla. Questa donna è rimasta intrappolata nelle immagini che gli altri hanno di lei e che assume in cambio di affetto (ma anche in cambio di potere... ci sono sempre dei vantaggi nei ruoli che vestiamo!).
Invece questa settimana vorrei citare il modello opposto di donna, ovvero il mito della "Donna Guerriera" o dell' "Amazzone Coraggiosa".
Questo archetipo rappresenta una donna che per affermarsi mostra molte doti maschili, diventando una donna in carriera a tutti gli effetti e mettendo "i pantaloni" rifiutando completamente le gonne.
Questa scelta diviene radicale e quindi ingabbia questa donna:
 indossare la gonna, ovvero le qualità femminili di ascolto e sensibilità potrebbero comportare "una grande fregatura"... così ci si inasprisce e si mostra il proprio scudo come simbolo della propria forza ed autonomia.
Molte donne al giorno d'oggi, per dimostrare che non sono inferiori al genere maschile, esasperano questo ruolo di "guerriera" per far vedere che non ci manca di certo la determinazione e la sicurezza interiore. 
Però spesso estremizziamo questa tendenza da eroine "alla Xena" (noto telefilm in cui una guerriera è la protagonista) ed è proprio questa esasperazione che ci porta lontane da tutto ciò che ci appartiene, ovvero la femminilità più sensibile... credendo che al primo segnale di queste qualità verremo abbandonate o rifiutate.
Lo scudo da guerriere quindi diviene una corazza contro l'angoscia dell'abbandono e contro la nostra parte indifesa, debole e vulnerabile.
"Esser considerate innocue fa ribollire il sangue di alcune donne;
cercano di essere sgradevoli scimmiottando i modi degli uomini.
E ci riescono.
Tracannando whiskey liscio, con gli occhi annebbiati.
Spavalde aspettando la gloria."
Carolyn Kizer 
Fin dagli antichi tempi, la cultura delle Amazzoni disprezzava gli uomini togliendoli dai posti di comando. Spesso le Amazzoni schiavizzavano gli uomini ed assumevano le funzioni maschili di potere. Queste donne addestravano le figlie ad una legge di vita fatta di cicatrici vistose e di dure battaglie all'ultimo sangue. 
Si dice addirittura nella leggenda che le Amazzoni si facevano asportare la mammella destra per tirare le frecce con più precisione!

In questi comportamenti non c'è altro che un'identificazione inconscia con il maschile.
Spesso se una donna ha avuto un padre irresponsabile e non presente affettivamente, la tendenza abituale è quella di reagire contro di lui indirettamente: ovvero si vestono i panni maschili per rivendicare in un secondo tempo una figura genitoriale poco affidabile. 
Questo diviene un compromesso davanti all'amara sofferenza e all'abbandono subito nei primi anni di vita.
Il desiderio quindi diviene quello di controllare il mondo esterno, percependolo privo di rischi.
La donna Amazzone però al posto di integrare gli aspetti maschili che potrebbero renderla completa, ne abusa identificandosi a pieno titolo con le funzioni del potere "maschile".
In questo senso ne diviene vittima perché in realtà lotta contro un passato non elaborato.
Come sostiene la psicoanalista Linda Leonard:

 "è importante riconoscere di che tipo di corazza è prigioniera la donna che veste questo ruolo.
Se non lo capisce continuerà a difendersi da ciò che ha dentro.
Avrà bisogno di accettare la sua Ombra di debolezza.
Spesso sotto il guscio di forza dell' Amazzone si trovano passività e dipendenza ed un fortissimo bisogno che può consumare quelli che le stanno attorno.
Accettare la propria debolezza non significa passare per sempre alla posizione opposta di "donna accudente", sebbene questo possa essere un momento necessario per lo sviluppo.
Se l'Amazzone può imparare a dare un valore alla sua vulnerabilità e agli aspetti della vita che non possono essere controllati, sarà in grado di trovare nuove fonti di forza."

Il "passare alla posizione opposta" è una fase che spesso noto nel mio studio: o vestiamo il ruolo di "donna accudente" o passiamo direttamente al ruolo di "spietata battagliera".
Diciamo poi che per noi donne non è semplice integrare questi due modelli perché spesso ci troviamo a rifiutare la rabbia amara o al contrario la nostra fragile vulnerabilità... per non parlare poi dei modelli che ci vengono proposti sin da piccole, ovvero le principesse totalmente buone, le streghe totalmente cattive o le donne travestite da uomini guerrieri. 
L'integrazione quindi fin dai nostri primi anni di vita, anche nei messaggi che vengono dal mondo esterno, non viene promossa.
Al contrario la nostra immagine deve esser chiara e quindi deve avere una precisa sfaccettatura ad esempio della ribelle orgogliosa o dell'umile donna accondiscendente. Spesso questi due modelli possiamo adottarli in momenti differenti della nostra vita ma anche qui siamo lontani dal nostro vero sé...
Il concetto del "Sè" è un'obiettivo molto duro da raggiungere... infatti quando siamo "centrate" e non siamo in preda dei ruoli che utilizziamo abitualmente della vittima, della spavalda, dell'insicura, della romantica, dell'ostile o della "credulona" possiamo affermare di essere libere da queste maschere e di aver preso contatto con il nostro "vero Io".
Riprendendo le parole di Linda Leonard nella "Donna Ferita":

"Donne che cadono nel comportamento archetipo dell' "Eterna Fanciulla" hanno bisogno di rendersi conto della loro forza e scrollarsi la loro identità di vittima.
Donne che sono catturate dalla tendenza da "Amazzone" al controllo, hanno bisogno di vedere in che misura il controllo può essere una falsa forza e di apprezzare l'essere aperte verso ciò che non può essere controllato."

Ed in voi donne che leggete, quale ruolo sentite più vicino al vostro modo di vivere?
Sentite di essere più inclini alla "Donna accudente", elogiate per la vostra compiacenza, capacità di mediazione e cooperazione?
O al contrario vi sentite più "Amazzoni", determinate ed in carriera?
Ricordiamoci poi, che spesso questi due modelli convivono nella stessa donna...

"Mi sono ritrovata prigioniera in due terribili corazze, quella da Diva e quella da Martire.
Quando dovevo affacciarmi al mondo lavorativo diventavo una competitiva "Diva Guerriera", pronta a sacrificare ogni energia pur di brillare davanti agli altri e dimostrare il mio potere.
Ma quando ritornavo a casa, tra le mura domestiche mi ritrovavo a vestire i panni di una "Martire Frustrata" che non riusciva ad imporsi e alla fine scendeva sempre ai compromessi degli altri, nel nome del ruolo della "Salvatrice" delle liti quotidiane."

cit." La Donna Ferita"

Buona settimana Donne Nuove!
Barbara


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